GIANNI DRUDI, FIKI FIKI
Classe 1988, più di 2.000.000 di visualizzazioni in 8 anni (il primo video pubblicato su YouTube è del 2012).
Fiki fiki è stato un vero tic verbale tra gli adolescenti degli anni ’90, con il rischio di entrare quasi nei dizionari.
Un’istantanea grottesca delle truci strategie di rimorchio dell’arrapato medio di tutti i tempi, con dei picchi di poesia che farebbero invidia ai più consumati esperti di linguaggio figurale: “Esci dall’acqua eccitata / sotto l’albero di cioccolata”.
Ascoltato questo verso, capiamo anche perché la canzone si sostanzi in interrogative che non avrebbero avuto mai risposta.
Gianni Drudi è ancora in attività: del 2019 è Tanta roba feat. Alberto Lagomarsini; del 2020 è Mela Banana y cafè. La cifra è pressappoco la stessa, ma la penna ha perso indubbiamente l’acume delle prime prove.
Condannato al quasi oblio (riapparso nel 2019 nel programma I Lunatici di Radio2, si scaglia – udite udite! – contro le esagerazioni e le volgarità dell’odierna trap), non ha mai raggiunto le vette di intensità autorale dell’intramontabile Fiki Fiki. Riascoltiamolo insieme.
MARINA, FINALMENTE HO COMPRATO L’UCCELLO
Classe anni ’60/’70 (la datazione è controversa), 1.462.649 visualizzazioni allo stato attuale dal 2012.
Un pezzo da balera con venature sudtirolesi, che si impone all’attenzione più per la narrazione che sviluppa. Il “finalmente” del titolo ci fornisce l’antefatto: una vita di stenti!
Finché qualcosa nel percorso della protagonista cambia. Lo trova, e trova il più bello, in un’ambientazione idillica, agreste:
L’ho trovato là dentro al castello
nel boschetto del mio papà
l’ho acchiappato vicino al cancello
mentre andavo là dietro a passar
Ce lo descrive con dovizia di particolari e condivide con noi i suoi sforzi per custodirlo:
Nella gabbia l’ho messo l’uccello
sta lì dentro e non vuole scappar
io lo guardo e accarezzo il cappello
ogni tanto lo vedo sudar
E dopo che Marina canta “accarezzo il cappello” con un esotico scempiamento della doppia l e con lo stesso vibrato sublime ed etereo con cui Nilla Pizzi cantava “Vola, colomba bianca, vola” (si noti il comune interesse ornitologico!), assistiamo alla svolta.
Non vi spoilero il finale, cantato con l’incanto delle fiabe dell’infanzia. Vi anticipo solo che finisce male e che la vicenda esemplare della donna veicola un accorato messaggio sociale: “Attente all’uccello!”.
Buon ascolto.
P.S. Ma che fine ha fatto l’artista? Scriveteci, qualora ne recuperaste le tracce.
YOUNG SIGNORINO, MMH HA HA HA
Classe 2018, 31.959.347 visualizzazioni nel momento in cui scrivo.
Ci spostiamo in tempi moderni, in fondo la tristezza attraversa tutta la storia. E dico “tristezza” non perché io voglia svilire il valore artistico del prodotto, no (!), ma perché dietro questa successione di gemiti, singulti o, se vogliamo essere più aulici, onomatopee deve esserci un malessere.
Già il titolo, carico di potere evocativo, associa due sensazioni contrastanti: l’espressione del male di vivere (mmh) e l’intuizione beffarda del suo superamento (ah ah ah, che il tipo erroneamente trascrive anticipando le h). Il Decadentismo e la sua soluzione.
Un dolore che brucia è quello che canta Young Signorino (“scotta, scotta, scotta”, continua a ripetere). Il videoclip, in cui l’artista più volte si avviluppa in qualcosa che somiglia a carta igienica, mette il carico da 11 sui prodotti di scarto dell’esistenza.
Il punto più alto del lirismo è “Sto indicando con il dito”. Un gesto che efficacemente sintetizza la nostra reazione immediata all’ascolto del brano.
Un pezzo che definiamo trash perché, all’inizio, quando ancora niente si conosceva dell’artista, ha fatto ridere. Dopo aver scoperto che il tipo ci crede sul serio, speriamo solo nella damnatio memoriae.
SQUALLOR, BERTA e ALBACHIAVA
Con gli Squallor siamo ad alti livelli, dovrei consigliarvi tutta la discografia: dal 1969 al 1994 il gruppo ha sfornato brani dalla cifra stilistica inconfondibile.
La formazione fissa ha visto militare Giancarlo Bigazzi (sì, proprio lui!), Alfredo Cerruti, Daniele Pace, Totò Savio, Elio Garibolfi. Negli anni, poi, al progetto hanno contribuito dei partecipanti occasionali di livello, come Gianni Boncompagni (che ha prestato la sua voce in Vacca del 1973), Gigi Sabani (voce in Madonina del 1981), Red Canzian dei Pooh e altri.
La scrittura programmaticamente esplicita, votata al turpiloquio e a un uso espressionistico del linguaggio, sovente motivata dalla volontà di ribaltare grottescamente (amplificando fino al parossismo o semplificando fino alla diminutio) altri prodotti artistici o di tendenza, ha precluso al gruppo il successo radiofonico e televisivo, ma non il successo di pubblico.
Solo il singolo USA for Italy (parodia dell’operazione che portò a registrare la celeberrima We are the world), appartenente all’album del 1985 Tocca l’albicocca, ebbe un’eco nei media, forse proprio perché epurato nel linguaggio.
Vi indico qui solo due brani, ma sono tanti i pezzi degni di nota, alcuni capaci di applicare una lente di ingrandimento sui vizi e i malcostumi dell’Italia della Prima Repubblica.
Se di trash si tratta, però, è un “trash sublime” per utilizzare una definizione di Žižek: un «rovesciamento dell’oggetto sublime in (…) un aberrante, nauseante pezzo (…) di melma».
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